Boiardi di stato, Ercole Incalza. Quando la corruzione è sistema.

Sembrerebbe proprio un film, o una mini serie, una telenovella, col vecchiaccio di 71 anni, incollato alla poltrona, di cui proprio non si riesce a far a meno, che manco la pensione porta via, uno di quelli che contano tanto, capaci di far il bello e il cattivo tempo, anzi è la garanzia che il tempo sia sempre quello giusto. L’inchiesta “sistema” che vede al centro Ercole Incalza il megadirettore delle grandi opere incompiute, inutili e devastanti, dei lavori finanziati, mai partiti, ma soprattutto mai finiti. Con quell’1-3 per cento di maggiorazione sui lavori, alla fonte. Come i costi che lievitano, insieme alla corruzione. È successo ancora, e succederà ancora. La corruzione in Italia vale 60 miliardi, una cifra indicata in documento della Corte dei Conti. Anche se questa cifra, è solamente una stima, una misura approssimativa. Per altre stime è il doppio. In un suo rapporto, la Commissione Europea nota che secondo un recente sondaggio, per il 97% degli interpellati in Italia, considera che la corruzione è diffusa nel loro Paese (la media europea è del 76%). Il 92% delle imprese italiane crede che il favoritismo e la corruzione ostacolino la libera concorrenza. Curioso che solo il 2% degli interpellati ammette di essere stato oggetto di richiesta di di una tangente nell’anno precedente il sondaggio. Può essere che la risposta è influenzata dall’imbarazzo di ammettere la verità, nonostante l’aumento quasi coatto delle partite Iva fatte aprire a molti precari. Dal rapporto emerge che la corruzione non riguarda solo il settore pubblico, ma anche quello privato. L’Italia non ha ancora pienamente trasposto una direttiva europea per lottare contro questo fenomeno, ha un sistema di contabilità societaria che non rispetta la Convenzione penale contro la corruzione del Consiglio d’Europa. La Commissione non ne parla, ma dietro al fenomeno della corruzione si nasconde in Italia il clientelismo in un ambiente economico e un sistema sociale poco trasparenti. Per Transparency International, tra i paesi del G20 l’Italia si colloca oltre la prima metà della lista, peggiori solo Brasile, Cina, India, Argentina, Messico, Indonesia e Russia.

L’inchiesta conferma che il reale problemi di Renzi è la riforma dello stato. Il Matteo piè veloce, non c’ha pensato tanto a scaricare l’integerrimo Lupi, padre premuroso, che vuole solo il meglio per il suo figliolo (mica poteva fare la gavetta col fondo “garanzia giovani” come uno sfigato qualsiasi, un ingegnere tal quale, sia pure della Bocconi!). La palese responsabilità politica di Lupi, per ora non vi sono fatti specifici, né riscontri oggettivi ascrivibili alla condotta dell’ormai ex ministro, è una buon occasione per riequilibrare la maggioranza a suo favore, rafforzarne il consenso, ridimensionare il ruolo, la parte del NCD, del sempre più traballante Alfano. Certo rimane la spinosa questione dei magistrati “bacchettati” e dei corruttori “accarezzati”, dalle politiche della maggioranza. Da parte nostra non vogliamo certo la galera per nessuno, nessuno giustizialismo claustrofobico, verrà mai da queste colonne, ma le dimissioni di tutte le funzioni e funzionari, non solo dei corrotti, rimane uno dei punti fermi delle richieste politiche che gli anarchici portano avanti da sempre. Come la rotazione degli incarichi, la sola trasparenza veramente efficace contro la corruzione endemica, di un sistema che non può prevenire mele marce, ma solo crearne di nuove, perché marcio fin dalla radice. Ancora, alla base di tutto rimane la malsana idea che le grandi opere siano, restino, il volano della ripresa, lo “Sblocca Italia”, sta lì a dimostrarlo, non le reali esigenze dei territori. Perché se è vero come egli stesso ha affermato, che Lupi è colui che ha portato avanti lo Sblocca Italia, alla luce di quanto emerso c’è da chiedersi, se non fosse solo retorica anche ciò, a chi giovano, al reale sviluppo dei territori? Le lotte ambientali degli ultimi anni, hanno fatto emergere, che esiste un grumo nero, fra aziende e politica istituzionale, che decide sulle vite e i territori. Opere faraoniche, cementificazione selvaggia, nuove strade, di sicuro, quindi alle imprese, agli interessi che la politica istituzionale difende e nasconde, al consenso attraverso le clientele. Ercole Incalza ha tenuto Lupi, non è Lupi che ha dato il ben servito al vecchiaccio incollato alla poltrona ed a tutto il suo sistema di potere, alla struttura da lui creata in decenni di gestione. La statalizzazione della società ha favorito lo strutturarsi e l’affermarsi dei privati interessi di un ceto politico allargato sino ai vertici burocratici e ai boiardi di stato ed una riduzione della politica a tecnica della gestione dell’esistente. La richiesta di sempre nuove concessioni è per creare nuove clientele, ed è diventata una spirale insostenibile per l’equilibrio di un sistema capitalistico efficiente. Intorno all’intervento pubblico nell’economia si è creata una vera e propria borghesia di stato ed una corrispondente classe media che vivono e prosperano grazie al controllo della spesa pubblica a all’occupazione di ruoli di potere ad essa connessi. La salute di intere popolazioni è minata da ogni genere d’insediamento, anche se improduttivo, con un lascito di terreni incoltivabili, allevamenti impossibili, equilibri biologici ormai compromessi per sempre.

Tutti sanno benissimo cosa sia la corruzione, dove si annida, come si sviluppa, è palese ormai che se non c’è la possibilità di avere dei servizi è dovuto alla corruzione. Se ogni cosa costa dieci volte quanto dovrebbe costare ciò è dovuto alla corruzione, come pure trovare o meno un posto di lavoro. È possibile che restino solo gli anarchici a ricordarlo? Qualcuno anche nella sinistra dei movimenti vagheggia di partecipazione pubblica. Ricordo che “Non si può parlare di partecipazione pubblica senza parlare di uguaglianza, di giustizia sociale e ambientale, di libertà e felicità. Si tratta di decidere di sé, della propria vita per conto proprio e di decidere collettivamente di quel territorio, materiale e immateriale, reale e metaforico, che abbiamo in comune con tutti gli altri, dal locale al mondo intero.” E la questione determinante è trovare metodi di decisione e dibattito capaci di coinvolgere chi solitamente non ha voce in capitolo.

Orestes

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