Domenica 25 gennaio a Reggio Calabria, nel parco del CSOA Angelina Cartella si è svolta, come ogni fine mese, la consueta Fiera della Decrescita. Ma l’appuntamento di ieri è stato particolare, all’interno del mercato infatti, si è tenuta un’assemblea con gli altri produttori calabri, dell’agricoltura, pastorizia ed artigiani che fanno riferimento alla Rete Nazionale Genuino Clandestino. Dopo un primo incontro di conoscenza in occasione della presentazione del libro su Genuino, questa è stato il primo momento di piazza, di confronto e scambio vero su diverse tematiche. Nel mentre c’è chi con l’Expo 2015, tenta di appropriarsi delle nostre pratiche, di cooptare il nostro linguaggio, di comprare il consenso e la connivenza di tanti, politicanti e main stream; in una regione dove di produttori con una sensibilità per il cibo di qualità in
relazione da anni, combattono contro le speculazioni sui territori per preservare la genuinità dei prodotti agricoli, forse si è giunti ad un punto di svolta. Non era scontato infatti che storici produttori s’incontrassero e confrontassero con nuove forze, altre speranze, di un ritorno alla terra, vista si come esodo e capacità progettuale. La giornata è passata dall’accoglienza, al mercato, fino al momento assembleare.
La prima parte della mattinata protagonista è stato il mercatino espositivo, con l’incontro dei consueti frequentatori della Fiera della decrescita, in attesa degli arrivi degli altri produttori dalle diverse località calabresi, per permettere ai partecipanti di provare a coprire le spese di viaggio, conoscersi meglio attraverso i prodotti, lavorati con il caratteristico amore verso la terra e non solo per trarre profitto economico. Lo scambio di esperienza, sul come trattare lo sfuso, cioè la vendita al dettaglio degli alimenti genuini ovvero di prodotti (senza veleni e concimi chimici) liberi da imballaggi usa e getta, liberi dalla plastica, la onni presente autocertificazione partecipata, la conservazione del secco e del fresco, metodi per il trasporto e la conservazione dei cibi, comunicazioni ben gradite dai non pochi intervenuti, considerate le condizioni proibitive del tempo. L’assemblea iniziata in tarda mattinata è stata interrotta da un buon pranzo preparato dagli attivisti del CSOA Cartella, Jammy e Lorè, in quest’occasione, su richiesta, tanti piatti di osservanza strettamente vegetariana. La discussione è ripresa con la parte più interessante, a mio giudizio, rispetto alla proposizione critica o affermativa della mattina, con la parte dedicata alle progettualità. Molto apprezzato l’intervento di Mario della Rete Utopie Sorridenti di Cosenza, con l’esposizione del progetto “il seme che cresce”, in cui tutta la filiera del grano è stata ricostruita, dai diversi tipi di grano, alle farine, alla pasta fresca o secca in vari formati. Un progetto che ha visto: valorizzare le energie dei produttori, che non svendono più il loro grano ad un prezzo imposto dal grossista, (pagato circa il doppio e più soddisfazione per il contadino), la conservazione in un magazzino creato dalla Rete Utopie attraverso raccolta fondi dai propri gasisti e simpatizzanti, per poi venire man a mano trasformato, per la produzione di ottima pasta e pane, dal sapore incomparabile con la produzione industriale che si ritrova nei supermercati. Una dimostrazione concreta di quel piccolo e bello che è la migliore risposta alla produzione di massa in cui si nasconde l’orribile sfruttamento e gli altri cavalieri dell’apocalisse che stanno distruggendo il pianeta, devastazione dei territori, delle risorse idriche, avvelenamento degli ecosistemi, tumori e malattie allergeniche varie, anche per gli utilizzatori finali umani. Quest’esperienza piccola, ma che ha raddoppiato solo in un anno i suoi numeri è la migliore risposta alle perplessità sulla produzione dal basso espresse da Lorcon, in un precedente articolo comparso su Umanità Nova. Altro intervento molto dibattuto è stato quello di Lorena, della Piattaforma Sovranità Alimentare, in Valencia, a dimostrazione di come anche a km distanza vengono dibattute le stesse questioni e si trovano paradossalmente, (ma perché no?) le stesse soluzioni, cioè pure in Calabria si stava pensando quello che già viene attuato in Valencia, ossia la creazione di un marchio cittadino, di un logo si discute nel nostro estremo sud, che possa tutelare, differenziandosi, la piccola autoproduzione da quella grande, ed anche con una protezione e presentabilità da un punto di vista commerciale, che però non vada a condividere gli stessi scaffali e percorsi della grande distribuzione. Un marchio non pensato per andare ad accrescere ed implementare la già lunga lista di certificazioni locali a pagamento, ma che, sull’esempio di Genuino Clandestino, (molti sono quelli che confezionano i loro prodotti con il logo di Genuino Clandestino) sia sinonimo di qualità, serietà, autoproduzione, difesa del proprio territorio e delle conoscenze che da secoli vi albergano. Questa sorta di etichetta libera potrebbe poi portare in seguito anche alla nascita di piccole botteghe autogestite disseminate nel territorio, proprio per evitare i canali della grande distribuzione o quei negozietti tanto “bio” ma poco “clandestini”. Una prospettiva interessante, che andrebbe ad incidere positivamente in un tessuto in cui chi fa autoproduzione si sente isolato e attaccato da una sempre più pressante legislazione agroalimentare che ormai taglia fuori chi non accetta di piegarsi e di svendersi alla grande distribuzione. Altro punto focale emerso dalla discussione è la creazione di un laboratorio collettivo di trasformazione, solo in questo modo si possono auto-sostenere quei contadini che intendono e vogliono continuare ad essere tali. Il fondamento di tutti percorsi e delle pratiche agricole, di trasformazione rimane comunque la critica al modello proposto, la conflittualità con chi avvelena i territori, chi specula nei passaggi commerciali, lo sviluppo di reti basate sul mutuo appoggio e l’autogestione dei mercatini e degli spazi, eventualmente anche riuscire ad arrivare al bancone dei piccoli alimentari in cui è ancora possibile ritrovare al genuinità e i sapori della nostra terra. I segni dell’incendio doloso al CSOA Angelina Cartella, sono quasi scomparsi, la ristrutturazione, manca poco, è al termine, si naviga verso nuove e alte sfide. Orestes
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