Cosa accade quando una popolazione, sentendosi sfruttata ed ingannata, decide di spezzare le catene del silenzio e dell’indifferenza? Accade che ci si autorganizza, si cominciano a porre delle domande, si superano preconcetti e barriere e proprio questa è la dinamica che, da alcuni mesi, si è innescata a Donnici, piccola frazione di Cosenza, in realtà un piccolo paesino annesso nel diciannovesimo secolo al capoluogo bruzio e oggi divenuto mero dormitorio dove magari relegare quello che il salotto buono di Cosenza rifiuta. Senza alcuna forma di partecipazione popolare, senza informazioni ma semplicemente imponendo, col silenzio dell’omertà, un vecchio progetto, l’amministrazione del comune di Cosenza avvia i lavori per la costruzione di un centro di raccolta dei rifiuti che sarebbe a supporto della differenziata. Occorre rilevare che la differenziata è una pratica già avviata sul territorio di Donnici già da alcuni anni mentre nel resto della città, con non poche difficoltà, si sta proponendo in essere solo in questi ultimi mesi. Manca però un organico piano della differenziata e la partecipazione popolare, base di questo processo virtuoso, è del tutto ignorata dall’amministrazione del capoluogo bruzio. Ritornando aI C.R.C. i cittadini di Donnici nello scorso mese di ottobre scorgono alcuni lavoratori operare all’interno di un’area verde, vicinissima a un fiume, a dei vigneti e a produzioni agricole di pregio. Le prime frammentarie informazioni parlano di una struttura destinata a raccogliere spazzatura, un deposito , una discarica, non si capisce bene visto che dal Comune non giunge voce. Addirittura, sul cantiere mancano anche le più elementari norme di sicurezza , da una strada d’accesso alla recinzione fino ad arrivare alla cartellonistica. I cittadini iniziato ad allarmarsi e cresciuto il disagio il Comune tenta un primo contatto che però non riesce a calmare gli animi, anzi i dubbi aumentano. Si parla di isola ecologica ma come mai, si chiedono i donnicesi, la si pone in aperta campagna, inoltre la superfice non è del tutto esigua, infine pare che tutti i tipi di spazzatura verranno conferiti nella piattaforma, conferiti poi non si capisce bene da chi, solo i residenti a Donnici, o tutta la città? Solo cittadini privati o anche aziende, magari proprio quelle private che gestiscono il ciclo dei rifiuti a Cosenza e che farebbero comodamente uso di una piattaforma dove ammassare i rifiuti che con un decreto di Scopelliti, governatore regionale, si possono accumulare, senza trattamenti, nelle strutture dedicate ai rifiuti. Nel frattempo il sindaco della città, l’architetto Mario Occhiuto rifiuta un incontro diretto con la popolazione, a suo dire confrontarsi in una pubblica assemblea non gli permetterebbe di parlare serenamente. L’indignazione cresce così, spontaneamente, nasce il comitato Difesa del Territorio di Donnici che raccoglie, in maniera trasversale, buona parte della popolazione, dal prete della parrocchia ai compagni, dai professionisti alle casalinghe, insomma tutti uniti per cercare la verità. A questo punto si richiede tutta la documentazione ufficiale, inerente il progetto che, non senza difficoltà della solita burocrazia italiana, viene raccolta, contemporaneamente la questione diventa di pubblico dominio, i donnicesi organizzatisi orizzontalmente con una serie di partecipate assemblee, scendono in piazza, oltre ottocento persone sul corso principale di Cosenza dicono no al Centro di raccolta ma si alle isole ecologiche. Infatti uno degli equivoci mediatici che ha caratterizzato e caratterizza l’intera vicenda è l’ostinazione con la quale il sindaco Occhiuto definisce questo centro di raccolta come isola ecologica, sostenendo siano la stessa cosa, mentre il Comitato evidenzia come il più rassicurante uso del termine isola ecologia sia, nei fatti, un tentativo di depistare l’opinione pubblica facendo apparire i donnicesi come cittadini prossimi all’ignoranza che si oppongono al ciclo virtuoso delle differenziata e alle isole ecologiche. Il Comitato, invece, ha da sempre dichiarato di essere decisamente favorevole alla raccolta differenziata e, di conseguenza alle isole ecologiche ma quello che si intende costruire è un centro che servirà tutta la città e dove saranno raccolti non solo rifiuti ingombranti ma tutte le tipologie di rifiuti ivi compreso umido, oli esausti, materiale elettronico. Dopo questa iniziativa, il sindaco continua a rifiutare il confronto pubblico e comunica solo tramite noti social network, dove impazzano le polemiche fra il primo cittadino e cittadini. Nel frattempo il Prefetto di Cosenza aveva più volte convocato il Sindaco, una rappresentanza del Comitato, consiglieri di opposizione e autorità competenti, Guardia di Finanza, Corpo Forestale, Questore. In tale sede si è tentato di conciliare le posizioni ma il sindaco si mostrava irremovibile: il CRC va costruito. Il Prefetto, invita, tuttavia il sindaco prima a fornire la documentazione inerente il progetto, richiesta dal team tecnico legale nel frattempo costituitosi del Comitato e poi a fornire risposta al ricco dossier del Comitato. Il Dossier, inviato a numerose autorità competenti con allegata una raccolta di oltre 1400 firme evidenzia le numerose anomali del cantiere: la vicinanza oltre i limiti consentiti, di un fiume che fra l’altro è esondato nel 1958, la presenza di antichi canali di irrigazione in muratura di interesse storico e di proprietà demaniale che il cantiere ha semi-interrato, la presenza poi di produzioni agricole DOC e DOP, il disboscamento fatto senza alcuna autorizzazione presso la forestale, presunte anomalie negli atti che autorizzano l’apertura dei cantieri, mancanza di una strada di accesso autorizzata: al cantiere si accede smontando un guardrail mentre la Provincia in alcuni documenti per l’autorizzazione del cantiere parlava chiaro: bisognava espropriare altro terreno per costruire una rampa di accesso che presenta tutte le caratteristiche di sicurezza necessarie. La risposta di Palazzo dei bruzi è una brevissima relazione che, in quattro paginette denigra il lavoro scientifico del Comitato, affermando fra l’altro, che le foto del dossier donnicese sono dei fotomontaggi! Attualmente i lavori per la costruzione del CRC sono fermi, infatti tutte le ditte che avevano partecipato alla gara d’appalto , si sono ritirate, strano in un periodo di crisi come questo! Che si siano rese conto che lavorare in quel cantiere porta solo grane non legate ai pacifici sit- in che il comitato ha tenuto per più di un mese nei pressi del cantiere? Di contro una indagine è stata aperta dalla Procura. I problemi però non si risolvono certo nelle aule dei tribunali. Una cosa è certa: quello che sta accadendo a Donnici, probabilmente fa davvero molta paura ai palazzi del potere, infatti il Comitato intende non solo portare avanti una battaglia vertenziale contro il CRC ma intende avanzare proposte concrete per una reale partecipazione dal basso. L’obiettivo è quello di gestire dal basso, tramite le assemblee orizzontali e apartitiche, il territorio a partire dall’ambiente per poi sconfinare in tutti gli aspetti della vita donnicese, dalla produzione di prodotti agricoli biologici, a forme non istituzionalizzate e realmente popolari di cultura e socialità. La paura è tangibile se sono vere le voci che parlano di numerose pressioni e minacce verso i cittadini vicini al comitato, dal rischio per il prete di essere sospeso ai lavoratori che sono minacciati sui luoghi di lavoro. Il comitato di Donnici però è consapevole del fatto che la felicità non può mai essere privata ma è tale solo se è di tutti e tutte, pertanto contemporaneamente alle azioni sul territorio, si stanno intessendo dei rapporti con le altre realtà calabresi in lotta. Nella provincia di Catanzaro, più precisamente a Borgia, in località Battaglina, la popolazione si è ribellata alla costruzione di una enorme discarica che diventerebbe la più grande d’Europa, ma anche Pianopoli, dove si sta tentando di ricostituire un comitato conto la più grande discarica calabrese, per passare a Bisignano dove il locale comitato si oppone alla realizzazione di un impianto per il trattamento dei rifiuti, in altri termini una ulteriore discarica per poi passare a Scala Coeli dove la lotta popolare ha permesso di bloccare l’apertura di una discarica che non aveva nemmeno una strada di accesso, ancora il comitato che si oppone alla discarica di località Bucita a Rossano. Il problema dei rifiuti in Calabria è, evidentemente, piuttosto grave, a partire dalle mancate bonifiche. Navi dei veleni, città costruite con scorie tossiche, fabbriche della morte, discariche abusive, discariche chiuse e mai bonificate, nulla ha insegnato alla classe dirigente calabrese che nel piano regionale dei rifiuti in fondo non trova soluzioni diverse alle discariche e ai termo-valorizzatori. Tali strutture , nel momento in cui vengono ampliate e /o costruite non potranno funzionare se, nel contempo, si pensa di realizzare la differenziata. Oh si differenzia, in maniera reale e non accentrando in un solo centro di raccolta la spazzatura di una intera città, oppure si continua nella scelta scellerata di una discarica gestita da qualche azienda privata. Il sistema differenziata e il sistema discarica non possono, evidentemente coesistere, la differenziata sottrae “materia prima” alla discarica per non parlare dell’inceneritore che con una differenziata funzionante smetterebbe di funzionare. Altro elemento su cui riflettere è, senza dubbio, la gestione privata del ciclo dei rifiuti, il privato ha come suo precipuo interesse il solo guadagno non di certo la salute dei cittadini. Ancora una volta interessi privati e partitici si oppongono alla volontà popolare. In questo momento una possibile risposta a questo ciclo viziato può essere rappresentata dai comitati popolari. Tramite i comitati si mette in discussione l’esistente e sono un ottimo laboratorio di autodeterminazione popolare di scelte orizzontali di scelte prese tramite assemblee e non nelle chiuse stanze di qualche nascosto vertice.
Pubblicato sul n. 4 anno 94 di Umanità Nova